Q.M.

Recentemente ho comprato due libri di pasticceria realizzati da colleghi di fama. Che non si smetta mai di imparare è una cosa assodata, che la mia curiosità mi spinga a mettermi in discussione anche, per cui con la serenità del monaco, e con le mie competenze ho affrontato i due tomi.

Nel primo, ho trovato: precisione, rispetto, bravura, eleganza, e ovviamente ricette, tante ricette, riportate con chiarezza e dettagli, facilmente realizzabili dalle persone a cui è rivolto questo libro, nel secondo invece, a parte la spocchia, l’autocelebrazione, l’impartizione di precetti non richiesti, temi di marketing trattati in maniera a dir poco dilettantistica, ci sono le ricette, e qui viene il bello, a vederle sembrano improbabili, ma a realizzarle è ancora peggio. Sempre con serenità, anche se stava montando un sentimento di rabbia per il mio incauto acquisto, assieme al mio staff ho affrontato tre ricette. Non una, non due, bensì tre volte per scoprire, nella migliore delle ipotesi, che la nostra ricetta è almeno a tre milioni di anni luce avanti, nella peggiore che anche seguendo pedissequamente quanto riportato, il prodotto proprio non riesce, e credo che in esperienza non siamo proprio carenti.

A mente fresca, sono ancora convinto che tutto aiuti a crescere, ed ho trovato almeno due cose positive nel secondo libro: una è che ho capito come non voglio essere o diventare, due che ne farò lo stesso uso che usava fare uno dei miei personaggi letterari preferiti, Pepe Carvalho.

Dimenticavo, chapeau a Omar Busi, autore del primo libro “Cookies”

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