Guida ai Ristoranti dalla porta di servizio

Il mio lavoro mi mette talvolta in contatto con ristoratori che non sono miei clienti abituali, o perché chi prenota un pranzo chiede espressamente la mia torta oppure perché il cliente, la ordina direttamente da me. Spesso, queste, sono torte da cerimonia, quindi dotate di struttura rigida, fondo di legno, alzata o stampo nuziale. Tralascio volutamente la casistica più truculenta degli scontri avvenuti in cucina, non mi soffermerò neanche sull’igiene o sulla spocchia di qualche pseudo chef che vede invaso il suo orticello da qualcuno che di pasticceria ne sa più, riconosco invece, la gentilezza e professionalità di alcuni commis di cucina e di sala che sono abituati a risolvere i problemi e non a crearne di altri, ma voglio soffermarmi su una cosa che non ha un grandissimo valore di per se, se non quello di dividere in tre macro categorie ristoranti ed affini, perlomeno ai miei occhi.

  1. Ristoranti seri
  2. Ristoranti poco seri
  3. Ciarlatani e cialtroni

Nella prima categoria si annoverano quelli che oltre all’ospitalità, coltivano il valore del rispetto per il cliente, e quello per il lavoro altrui, e ti rendono lo stampo o la base, perfettamente lavati. La maggior parte di questi Ristoranti, ha storicità e fa parte della vecchia scuola, hanno tutta la mia stima e mi vedranno seduto al loro tavolo.

Seconda categoria, qui cominciano i problemi, il valore principale è il tornaconto, i clienti ed i fornitori sono solo accessori necessari, non hanno storia, più che ristoranti sono “situazioni”, carine qualche volta, ma con quel non so che di effimero e di precario, che non prelude ad una long life. Lo stampo arriva inesorabilmente sporco, e non mi avranno mai come cliente.

Terza categoria Charlatans, lo stampo non arriva proprio. “L’abbiamo buttata via” questo mi son sentito dire da uno di questi fenomeni a riguardo di un’alzata nuziale. Inutile dire che chi fa parte di questa élite, nulla ha che fare col mondo della ristorazione. Questi “Non-Ristoranti” devono essere evitati come la peste, e bellamente ignorati fino ad estinzione naturale, che arriva mediamente in meno di due anni.

à bientôt

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Estate

Finalmente è arrivata l’estate, 13 gradi, pioggia battente, che dolci freschi e leggeri potrei proporre, se non questi?

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Le paste della domenica

Quando tutto era più ...

Mi piace molto questo titolo, potrebbe essere benissimo una scuola di pensiero, un hashtag, un rito, un ritrovarsi nella semplicità delle cose e dei tempi andati, non sono solamente paste.

Chi non si è ritrovato con il pacchetto in mano, sapientemente confezionato, come uno scrigno ricco di sapori, colori e profumi, chi non ha vissuto l’attesa, la speranza, e qualche volta anche la delusione alla sua apertura. Una piccola gioia, che sa di famiglia, di amici o parenti, lontana nel tempo, o perlomeno sgranata, certo non vissuta dai più giovani, perchè non più trasmessa.

In questi anni dove il leit motiv potrebbe essere “tutto e quando voglio” le paste della domenica sono sicuramente rimpiazzate dalle ultramoderne monoporzioni, dai futuristi e coloratissimi macarons, e perfino quelle che resistevano sono state rimpicciolite creando degli asettici mignon, per buona pace della condivisione che passava attraverso la lama del coltello che tagliava in due la pasta.

Dal mio negozio ho visto passare generazioni di trevigiani di nascita e di adozione, riconosco il giovane papà che entra col figlio, perchè ci era già entrato con il padre da bimbo, vedo l’anziana con gli occhi carichi di una vita, che prende un vassoietto con una pasta anche per lui, anche se lui non c’è più, perchè lo fa sentire più vicino, vedo l’operaio, che lo sa che le paste ci sono tutti i giorni, ma sa che quelle della domenica hanno un sapore speciale, vedo la badante straniera che entra e prende le paste, perchè se le prendeva il Signor Mario voleva dire che una ragione c’era, mi si riempiono gli occhi di gioia quando entra il ragazzo con la morosa, e con scioltezza sceglie le paste, per dire a lei : “si, io qui sono di casa.”, o l’infermiera che stacca il turno di notte che porta a casa il pacchetto per i suoi ragazzi che si sveglieranno mentre lei dormirà, non sono solamente paste.

Vedo tornare la voglia, vedo entrare persone, c’è fermento, il negozio torna a riempirsi, non lo so se le mie sono solo sensazioni o se semplicemente le paste sono ancora buone.

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Fabio

Era il 4 maggio 2011, fresco di twitter, col mio hashtag Operazione Morpheus, scrivevo così:”Cos’è che fa la differenza tra un Osteria vera ed una finta? Le persone! Eccovi Fabio e Beppe dei Naneti. http://tiny.cc/jvmmk #OpMorph”. Le persone appunto.                       Ora Fabio  hai tolto la tua traversa e ci hai lasciati soli, ho dentro di me una rabbia, un senso di vuoto, che faccio fatica ad esprimere. In una vita sempre più spersonalizzata, cupa e fredda, dove l’unico bagliore è il rapporto umano, tu sei stato un faro. Il tuo grande cuore per le cose che contano davvero, la tua bambina, la tua famiglia, Gloria, Beppe, la Nadia, gli amici, il tuo lavoro,  e le tue passioni, il Milan, con le torte per le partite importanti che quasi regolarmente perdeva, gli sfottò del lunedì mattina, le cicche e le ombre.         Sono passati sei giorni da quando siamo venuti a trovarti a casa, abbiamo riso, ti abbiamo visto rivendicare orgoglioso le tue scelte, anche riguardo la nuova avventura del “Dante”, abbiamo visto la tua positività e il tuo affetto, che non è mai mancato neanche quando ci mandavamo a … . Mi mancherai, mi mancherà il tuo vocione quando mi chiamavi Aleeee!!!!!, la tua presenza fisica dai Nani, dentro e fuori dal banco,  quella immateriale c’è sempre, (dovresti vedere gli occhi dell’Irene), oppure quando, in pasticceria, ti fermavi col “scardesson”, che  parcheggiavi sempre alla cazzo, in modo che ti suonavano tutti, mi mancherà  anche vederti nel giardino dell’ospedale, col trespolo della flebo al guinzaglio, mi mancherà la tua amicizia. Grazie per tutto quello che sei stato, grazie per gli ultimi tuoi sms, che custodirò gelosamente per ricordarmi com’eri, (anzi approposito, non ti preoccupare, che ghe tendo mi all’Osso). Adesso, per noi, è il tempo del dolore, che accompagnerà quello delle persone che ti hanno voluto bene. Ciao Fabio, ciao dall’Anna, dalla Mimi e dalla Cate, dal “tuo” Franco e da mia mamma Ivana. Ciao Fabioooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Uno

Andrea Procida

Non posso non inserire come numero uno della mia personalissima lista, Andrea Procida, dell’antichissima Trattoria Da Procida in quel di Spercenigo, paesino rurale della campagna trevigiana. Aperta nel 1885 dai coniugi Voltarel come stazione di posta, che dava sollievo a cavalli e bipedi, ha percorso la storia dell’Italia: monarchia,  guerre, resistendo a tutto, alle carestie, all’emigrazione, al fascismo ed all’antifascismo, alla prima e alla seconda repubblica, non mutando mai, passando per quattro generazioni, quasi cinque,  avendo per comune denominatore, la moglie in cucina ad apprendere i segreti dalla suocera, ( devono essere volati coltelli! ). I bisnonni di Andrea, adottarono un bimbo di appena due giorni al brefotrofio di Lancenigo, e ad esso venne imposto un cognome come si usava allora, Continua a leggere

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